C’è disgelo e disgelo. Quello
pericolosamente vicino, ma ancora evitabile delle calotte polari artiche, e
quello imprescindibile e imperativo delle nostre coscienze.
Non tutti sanno che dal 1992, anno del
cosiddetto Summit della Terra di Rio de Janeiro, è in vigore un
trattato detto Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici (UNFCCC), il cui contenuto mira alla riduzione delle emissioni di
gas serra colpevoli, com’è noto, dell’aumento del Riscaldamento Globale.
Questo documento viene aggiornato attraverso
dei “protocolli” (il più famoso è quello di Kyoto del
1997) stipulati in periodiche Conferenze delle Parti (COP). L’ultima di queste, la
COP21, si svolgerà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015: per comprenderne la reale
importanza occorre fare qualche passo indietro, analizzando nel modo più chiaro e semplice
possibile ciò che sta avvenendo al nostro pianeta.
Per effetto serra s’intende quell’insieme di fenomeni
che regolano il contenuto di gas serra all’interno dell’atmosfera; i
principali gas serra sono, in ordine decrescente: vapore acqueo, anidride
carbonica, metano e ozono. Questi gas hanno la capacità di essere
trasparenti alla radiazione solare entrante nel nostro pianeta, mentre sono
opachi a quella uscente: in altre parole permettono al nostro pianeta di
trattenere una parte di energia solare tale da consentire un equilibrio termico
adatto allo sviluppo della vita.
L’attività umana a partire dall’inizio del XX secolo
ha alterato sensibilmente questo equilibrio in due modi: attraverso la
deforestazione - le foreste infatti “assorbono” la maggior parte dell’anidride carbonica,
presente nell’atmosfera - e immettendo all’interno dell’atmosfera grandi quantità di anidride
carbonica e metano per un incremento rispettivamente del 36% e del 148%
rispetto ai livelli preindustriali.
I gas serra rilasciati dall’attività antropica provengono
principalmente dall’uso di combustibili fossili come petrolio, carbone e gas naturale,
nonché dai processi digestivi e dall’evaporazione dei gas contenuti nel letame di
bovini, ovini e caprini. Quest’ultima causa, probabilmente la meno nota nonostante la
sua efficacia in termini d’impatto ambientale, è da imputare alla grande quantità di allevamenti
intensivi, che per foraggiare il bestiame coprono peraltro un terzo delle
coltivazioni mondiali, desertificando come conseguenza il 20% dei terreni del
pianeta.
Tutto ciò produce un aumento della temperatura media
del pianeta (Riscaldamento Globale- Global Warming) che il gruppo di scienziati
ed esperti facenti parte dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) stima attorno ai
6,4°C alla fine del
secolo corrente.
Il che porta con sé una serie di effetti
sconcertanti già visibili ai nostri occhi: scioglimento dei ghiacciai continentali,
con imminenza di siccità per le zone che dipendono dalle acque glaciali; scioglimento delle calotte polari, con
conseguente innalzamento del livello del mare e riduzione delle terre emerse;
aumento dell’energia nell’atmosfera che inevitabilmente genera eventi meteorologici estremi
quali siccità, alluvioni (eventi arcinoti nella nostra penisola), cicloni (come
quello che tuttora flagella lo Yemen), ondate di caldo e di gelo.
A tutto ciò si legano indissolubilmente danni
economici ingenti e la possibilità di mutamenti sociali e demografici di
portata storica: per non andare troppo sul catastrofico, citiamo non ultima l’imminenza di
migrazioni epocali da parte di popolazioni da zone calde e desertiche, che
potrebbero verificarsi in un domani non troppo lontano, e che non possiamo
certo permetterci di affrontare con la sufficienza di chi sta bene nel proprio
orticello.
Ma prima ancora di fare di questi
ragionamenti, occorre innanzitutto attuare delle politiche che influiscano sui
fattori principali del Global Warming, cercando di bloccarne l’incremento oltre i 2°C, che la maggior
parte degli esperti mondiale definisce come la soglia ultima oltre la quale il
disastro parrebbe inevitabile.
È per questo motivo che la COP21 si rivela di
fondamentale importanza per stabilire regole vincolanti e ratificare con
urgenza piani di riduzione drastica delle emissioni, che sollevino il futuro
dell’umanità da questo gravissimo
macigno.
E, a dispetto di chi pensa che trattare di
questi argomenti sia cosa futile e ben poco influente, noi, Giovani
Democratici, riteniamo che sapere e sensibilizzare sia cosa essenziale, per
reagire nel piccolo ecosistema delle nostre vite ed essere esempio e fermento
di quella che forse è la più nobile tra le battaglie politiche democratiche, cioè quella di agire a
lungo termine, come dice papa Francesco, oltre il limite della gloria e del
benestare presente. Attraverso un “disgelo” delle nostre coscienze, troppe volte miopi e
incapaci di guardare attorno e davanti ai propri passi.
Lorenzo Bellini
Nessun commento:
Posta un commento