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sabato 31 gennaio 2015

Dati Istat sul mercato del lavoro: una ripresa illusoria?

Sono stati diffusi i dati sul mercato del lavoro relativi al mese di Dicembre scorso, a livello italiano ed europeo.
Ci sono, apparentemente, ottime notizie: il tasso di disoccupazione medio dell'UE è, per la prima volta, sotto il 10%, ed è dunque stato raggiunto uno degli obbiettivi occupazionali della strategia Europa2020; a livello italiano, invece, si attesta al 12,9%, in calo dell'0,4% rispetto al mese di Novembre. Ancora: il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è al 42%, il valore più basso dal 2013, e nel solo mese di Dicembre 2014 gli occupati 15-64enni sono aumentati di 93mila unità rispetto al mese precedente.
Sono dati che fotografano una realtà in divenire positivo, e c'è dunque da gioire? Sì e no, ma più no che sì: per il semplice motivo che, se non letti in maniera critica, dati come il tasso di disoccupazione o di occupazione rischiano di produrre una rappresentazione deformata della realtà.
Alcune precisazioni, pertanto, per dare una lettura "critica" dei dati diffusi da Istat ed Eurostat:
1. Occorre prendere coscienza, innanzitutto, del significato dei vari "occupato", "disoccupato", "tasso di occupazione", ecc.: sono termini ed espressioni, infatti, che hanno un significato tecnico ed a volte persino contro-intuitivo. Ad esempio, è definito "occupato" chiunque abbia più di 15 anni ed abbia, nella settimana precedente alla rilevazione statistica (ad esempio la classica telefonata a casa, per intendersi), lavorato per almeno un'ora, mentre "disoccupato" è chi è contemporaneamente privo di un'occupazione (nel significato su esposto), ha cercato attivamente un impiego ed è disponibile ad iniziare a lavorare entro le due settimane successive.
Occupati e disoccupati formano, presi insieme, la cosiddetta "popolazione attiva" o "forze di lavoro", da cui sono dunque esclusi tutti coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano neppure, i cosiddetti "inattivi". Il tasso di occupazione è calcolato facendo il rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa, mentre il tasso di disoccupazione è dato dal rapporto tra disoccupati e popolazione attiva.
Il primo dato da tenere in considerazione, dunque, è il seguente: quando si calcola il tasso di disoccupazione, sono tenute fuori dal calcolo tutte le persone che si sono arrese nella ricerca del lavoro: tutte persone che definiremmo, intuitivamente, come disoccupate. Il tasso di disoccupazione è pertanto un dato che "nasconde" una parte del problema occupazionale, perché paradossalmente decresce quando parte dei "disoccupati" si tramuta in "popolazione inattiva" ed esce dunque dal calcolo: può diminuire, in altri termini, anche se non si ha un aumento di posti di lavoro ed al contrario sempre più cittadini si arrendono nella ricerca di un'occupazione.
Infatti, i dati diffusi confermano: prendendo in considerazione la popolazione 15-24enne, il calo del tasso di disoccupazione al 42% è motivato dall'aumento dei giovani "inattivi": +0,4% su base annua (+17mila inattivi), mentre gli occupati sono 34mila in meno rispetto ad inizio 2014 (-3,4%).
2. Un'analisi seria dei dati deve tener conto delle variazioni di lungo periodo (quantomeno di respiro annuale) e non di qualche mese, men che meno di un mese solo e soprattutto se tale mese è Dicembre, un periodo in cui i consumi aumentano (grazie alle festività natalizie) ed il bisogno di manodopera con contratti a tempo determinato aumenta.
Da questo punto di vista, i dati sono moderatamente positivi: il tasso di inattività diminuisce dello 0,6% su base annua (tradotto: più persone si attivano nella ricerca di un lavoro); il tasso di occupazione cresce dello 0,3% su base annua (+109mila occupati) attestandosi al 55,7%, ma al contempo cresce dello 0,3% circa anche il tasso di disoccupazione (+95mila disoccupati).
In conclusione: il calo dello 0,6% del tasso di inattività è compensato dall'aumento dello 0,3% dei tassi di occupazione e di disoccupazione. Tradotto in cifre reali, circa 200mila persone, precedentemente inattive, si sono messe alla ricerca di un'occupazione ed una metà abbondante ha trovato lavoro.
3. Il tasso di occupazione, così come è impostato, non tiene conto della "qualità" dell'occupazione, ma soltanto del "numero": non tiene conto, cioè, se il posto di lavoro garantisce o meno un reddito sufficiente a condurre una vita dignitosa. Si è considerati "occupati" anche se si è svolto semplicemente un'ora di ripetizioni di matematica o un pomeriggio di babysitteraggio: e questo causa una problema di percezione, da parte di opinione pubblica e politica, delle condizioni lavorative ed esistenziali che il sistema economico attuale (non) riesce a garantire.
L'obbiettivo della politica deve essere quello di impostare il sistema economico in modo tale da produrre dei posti di lavoro che garantiscano un reddito minimo sufficiente a condurre una vita dignitosa: l'affitto di una casa, la contrazione di un mutuo, l'acquisto di tutti i beni primari e perché no anche di prodotti di consumo.
O la politica fa questo, o produce (altrimenti) soltanto macelleria sociale.
Lascio a voi ogni considerazione sugli effetti del Jobs Act del Governo Renzi. Produrrà un aumento del "numero" dei posti di lavoro, o anche della "qualità" del posto di lavoro?
Come giovani generazioni, abbiamo ancora la legittima speranza - quantomeno questa ci è rimasta - in un futuro lavorativo la cui prospettiva non sia semplicemente quella di arrivare a fine mese.


Niccolò Biondi, Segretario GD Scandicci

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