Un viaggio nella cultura rom
Originari dell’India nord occidentale, in quella regionale
al confine con il Pakistan solcata da numerosi fiumi, quel popolo che poi verrà
chiamato Rom si spostò ben presto
verso terre a noi più vicine a causa di persecuzioni attribuibili ad un re
afghano, giungendo prima in Persia, come ci racconta un testo del poeta
Firdusi, poi in Francia, Russia, Spagna
e, infine, Italia. Mantenendo nei secoli le caratteristiche di nomadi e le
loro tradizioni, chiaramente mescolatesi con quelle dei paesi attraversati, sono stati spesso vittima di emarginazione
e campagne denigratorie. Dalla controversa storia, ciò che realmente
accumuna questi gruppi di persone è la lingua parlata, in realtà una serie di
dialetti, cosiddetti Romanes, che si
sono mescolati per decenni alle lingue autoctone prendendone sfumature e
caratteristiche. Come negli altri paesi europei, anche in Italia il popolo rom
si suddivide in numerosi gruppi con abitudini socio-culturali anche molto
diversi tra loro, si evidenziano infatti:
- I Caminanti
della Sicilia, che vivono in baracche e sono generalmente venditori
ambulanti;
- I Rom
Abruzzesi, in cui si riconosce chiaramente l’integrazione della cultura del
meridione in molti riti;
- I
Sinti, prevalentemente giostrai e nomadi distribuiti in molte periferie
delle grandi città;
- Per non dimenticare i Rom Lovara e Khalderasa, allevatori di cavalli.
Si comprende così come il ventaglio di attività e occupazioni
coperte sia ben più ampio e variegato di quello che i correnti pregiudizi
potrebbero far pensare; la condizione del nomade come straniero in un ambiente
ostile popolato da estranei (definiti da loro Gagè) per quanto permanga nei
gruppi più tradizionalisti, non rappresenta l’unica e la sola realtà di questo
popolo. La musica, l’arte, il ballo,
l’artigianato, il commercio e l’allevamento sono evidenti attività che ci
portano ben al di là della concezione che tende a raffigurarli come ladri e truffatori.
Per quanto concerne invece l’organizzazione sociale ciò che li caratterizza è
il forte legame e senso di appartenenza al
gruppo, in particolare alla famiglia, non intesa solo come gruppo di
persone legate da parentela di sangue ma bensì con una visione molto più ampia
del termine. La famiglia rappresenta la vera istituzione del popolo rom: l’individuo non è concepito come essere a
se stante, ma come parte di un nucleo costruito su tradizioni, tramandate oralmente
da anziani a bambini. Uomini e donne hanno generalmente compiti diversi: mentre all’uomo è riservata l’attività
lavorativa, la madre ha il compito di badare ai piccoli finché questi non
saranno in grado di seguire il padre, se maschi, o di aiutare con lavori
domestici e fratelli minori, se femmine. Come già accennato precedentemente, gli anziani ricoprono un ruolo centrale
nella famiglia, oltre che come saggi e detentori delle tradizioni, sono loro stessi
che presiedono l’unica autorità giudiziaria presente all’interno del gruppo:
il Kris, tribunale che risolve
controversie spesso legate a sgarbi matrimoniali attraverso ammende da pagare
all’offeso. Proprio riguardo il matrimonio, numerose sono le tradizioni ed
i riti, tuttavia tra i giovani si è ultimamente affermata la cosiddetta “fuga degli innamorati” dove i due
scappando dai rispettivi gruppi per poi tornare dopo qualche giorno sancendo la
loro unione davanti a tutti, seguono festeggiamenti e rispettivi riti legati
alle loro credenze religiose. È da ricordare che i rom non hanno una religione
che li contraddistingue, bensì tendono ad adottare quella del posto dove vivono
integrandola con una forte credenza nel Fato, nel Destino e nel rito dei morti.
I trattamenti riservati alle persone scomparse sono spesso curiosi e non
convenzionali: i funerali rappresentano
un momento di unità del gruppo e di identificazione nel dolore condiviso,
vengono spesso bruciati tutti gli averi del deceduto e cosparsa di fiori la
strada dove avviene il corteo in onore del morto. Segue un lungo periodo di lutto
in cui il nome del defunto diventa un tabù.
Ed è così quindi, che senza pregiudizi e veli ipocriti, possiamo conoscere
nuove realtà e provare ad avvicinarsi per creare un percorso di approfondimento
umano e culturale che arricchisce chiunque vi si approcci con creativa e
concreta curiosità.
Salutinoto
but,
(vi saluto tanto).
Federica Benvenuti
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