Sono stati diffusi i dati sul mercato del lavoro relativi al mese di Dicembre scorso, a livello italiano ed europeo.
Ci sono, apparentemente, ottime notizie: il tasso di disoccupazione medio dell'UE è, per la prima volta, sotto il 10%, ed è dunque stato raggiunto uno degli obbiettivi occupazionali della strategia Europa2020; a livello italiano, invece, si attesta al 12,9%, in calo dell'0,4% rispetto al mese di Novembre. Ancora: il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è al 42%, il valore più basso dal 2013, e nel solo mese di Dicembre 2014 gli occupati 15-64enni sono aumentati di 93mila unità rispetto al mese precedente.
Ci sono, apparentemente, ottime notizie: il tasso di disoccupazione medio dell'UE è, per la prima volta, sotto il 10%, ed è dunque stato raggiunto uno degli obbiettivi occupazionali della strategia Europa2020; a livello italiano, invece, si attesta al 12,9%, in calo dell'0,4% rispetto al mese di Novembre. Ancora: il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è al 42%, il valore più basso dal 2013, e nel solo mese di Dicembre 2014 gli occupati 15-64enni sono aumentati di 93mila unità rispetto al mese precedente.
Sono dati che fotografano una realtà in divenire positivo, e c'è dunque da gioire? Sì e no, ma più no che sì: per il semplice motivo che, se non letti in maniera critica, dati come il tasso di disoccupazione o di occupazione rischiano di produrre una rappresentazione deformata della realtà.
Alcune precisazioni, pertanto, per dare una lettura "critica" dei dati diffusi da Istat ed Eurostat:
1. Occorre prendere coscienza, innanzitutto, del significato dei vari "occupato", "disoccupato", "tasso di occupazione", ecc.: sono termini ed espressioni, infatti, che hanno un significato tecnico ed a volte persino contro-intuitivo. Ad esempio, è definito "occupato" chiunque abbia più di 15 anni ed abbia, nella settimana precedente alla rilevazione statistica (ad esempio la classica telefonata a casa, per intendersi), lavorato per almeno un'ora, mentre "disoccupato" è chi è contemporaneamente privo di un'occupazione (nel significato su esposto), ha cercato attivamente un impiego ed è disponibile ad iniziare a lavorare entro le due settimane successive.
Occupati e disoccupati formano, presi insieme, la cosiddetta "popolazione attiva" o "forze di lavoro", da cui sono dunque esclusi tutti coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano neppure, i cosiddetti "inattivi". Il tasso di occupazione è calcolato facendo il rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa, mentre il tasso di disoccupazione è dato dal rapporto tra disoccupati e popolazione attiva.
Il primo dato da tenere in considerazione, dunque, è il seguente: quando si calcola il tasso di disoccupazione, sono tenute fuori dal calcolo tutte le persone che si sono arrese nella ricerca del lavoro: tutte persone che definiremmo, intuitivamente, come disoccupate. Il tasso di disoccupazione è pertanto un dato che "nasconde" una parte del problema occupazionale, perché paradossalmente decresce quando parte dei "disoccupati" si tramuta in "popolazione inattiva" ed esce dunque dal calcolo: può diminuire, in altri termini, anche se non si ha un aumento di posti di lavoro ed al contrario sempre più cittadini si arrendono nella ricerca di un'occupazione.
Infatti, i dati diffusi confermano: prendendo in considerazione la popolazione 15-24enne, il calo del tasso di disoccupazione al 42% è motivato dall'aumento dei giovani "inattivi": +0,4% su base annua (+17mila inattivi), mentre gli occupati sono 34mila in meno rispetto ad inizio 2014 (-3,4%).
Occupati e disoccupati formano, presi insieme, la cosiddetta "popolazione attiva" o "forze di lavoro", da cui sono dunque esclusi tutti coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano neppure, i cosiddetti "inattivi". Il tasso di occupazione è calcolato facendo il rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa, mentre il tasso di disoccupazione è dato dal rapporto tra disoccupati e popolazione attiva.
Il primo dato da tenere in considerazione, dunque, è il seguente: quando si calcola il tasso di disoccupazione, sono tenute fuori dal calcolo tutte le persone che si sono arrese nella ricerca del lavoro: tutte persone che definiremmo, intuitivamente, come disoccupate. Il tasso di disoccupazione è pertanto un dato che "nasconde" una parte del problema occupazionale, perché paradossalmente decresce quando parte dei "disoccupati" si tramuta in "popolazione inattiva" ed esce dunque dal calcolo: può diminuire, in altri termini, anche se non si ha un aumento di posti di lavoro ed al contrario sempre più cittadini si arrendono nella ricerca di un'occupazione.
Infatti, i dati diffusi confermano: prendendo in considerazione la popolazione 15-24enne, il calo del tasso di disoccupazione al 42% è motivato dall'aumento dei giovani "inattivi": +0,4% su base annua (+17mila inattivi), mentre gli occupati sono 34mila in meno rispetto ad inizio 2014 (-3,4%).
2. Un'analisi seria dei dati deve tener conto delle variazioni di lungo periodo (quantomeno di respiro annuale) e non di qualche mese, men che meno di un mese solo e soprattutto se tale mese è Dicembre, un periodo in cui i consumi aumentano (grazie alle festività natalizie) ed il bisogno di manodopera con contratti a tempo determinato aumenta.
Da questo punto di vista, i dati sono moderatamente positivi: il tasso di inattività diminuisce dello 0,6% su base annua (tradotto: più persone si attivano nella ricerca di un lavoro); il tasso di occupazione cresce dello 0,3% su base annua (+109mila occupati) attestandosi al 55,7%, ma al contempo cresce dello 0,3% circa anche il tasso di disoccupazione (+95mila disoccupati).
In conclusione: il calo dello 0,6% del tasso di inattività è compensato dall'aumento dello 0,3% dei tassi di occupazione e di disoccupazione. Tradotto in cifre reali, circa 200mila persone, precedentemente inattive, si sono messe alla ricerca di un'occupazione ed una metà abbondante ha trovato lavoro.
Da questo punto di vista, i dati sono moderatamente positivi: il tasso di inattività diminuisce dello 0,6% su base annua (tradotto: più persone si attivano nella ricerca di un lavoro); il tasso di occupazione cresce dello 0,3% su base annua (+109mila occupati) attestandosi al 55,7%, ma al contempo cresce dello 0,3% circa anche il tasso di disoccupazione (+95mila disoccupati).
In conclusione: il calo dello 0,6% del tasso di inattività è compensato dall'aumento dello 0,3% dei tassi di occupazione e di disoccupazione. Tradotto in cifre reali, circa 200mila persone, precedentemente inattive, si sono messe alla ricerca di un'occupazione ed una metà abbondante ha trovato lavoro.
3. Il tasso di occupazione, così come è impostato, non tiene conto della "qualità" dell'occupazione, ma soltanto del "numero": non tiene conto, cioè, se il posto di lavoro garantisce o meno un reddito sufficiente a condurre una vita dignitosa. Si è considerati "occupati" anche se si è svolto semplicemente un'ora di ripetizioni di matematica o un pomeriggio di babysitteraggio: e questo causa una problema di percezione, da parte di opinione pubblica e politica, delle condizioni lavorative ed esistenziali che il sistema economico attuale (non) riesce a garantire.
L'obbiettivo della politica deve essere quello di impostare il sistema economico in modo tale da produrre dei posti di lavoro che garantiscano un reddito minimo sufficiente a condurre una vita dignitosa: l'affitto di una casa, la contrazione di un mutuo, l'acquisto di tutti i beni primari e perché no anche di prodotti di consumo.
O la politica fa questo, o produce (altrimenti) soltanto macelleria sociale.
L'obbiettivo della politica deve essere quello di impostare il sistema economico in modo tale da produrre dei posti di lavoro che garantiscano un reddito minimo sufficiente a condurre una vita dignitosa: l'affitto di una casa, la contrazione di un mutuo, l'acquisto di tutti i beni primari e perché no anche di prodotti di consumo.
O la politica fa questo, o produce (altrimenti) soltanto macelleria sociale.
Lascio a voi ogni considerazione sugli effetti del Jobs Act del Governo Renzi. Produrrà un aumento del "numero" dei posti di lavoro, o anche della "qualità" del posto di lavoro?
Come giovani generazioni, abbiamo ancora la legittima speranza - quantomeno questa ci è rimasta - in un futuro lavorativo la cui prospettiva non sia semplicemente quella di arrivare a fine mese.
Niccolò Biondi, Segretario GD Scandicci
Come giovani generazioni, abbiamo ancora la legittima speranza - quantomeno questa ci è rimasta - in un futuro lavorativo la cui prospettiva non sia semplicemente quella di arrivare a fine mese.
Niccolò Biondi, Segretario GD Scandicci
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